Il castagno nell’industria

Il legno del castagno è stato utilizzato da sempre, cominciando dall’antichità quando alcuni insediamenti della Lombardia cominciarono ad usarlo per costruire villaggi palafitticoli.

Usato nella costruzione del mobilio, per travature nelle case e cattedrali, per attrezzi da lavoro, per legna da ardere, per seccare castagne nei metati, per il fuoco nelle calcinaie e ferriere, come legna per carbone di cui ne derivava il migliore per la costruzione della polvere da sparo, serviva per costruire barche, per il sostegno dei filari della vite ecc..

Negli ultimi centocinquanta anni il suo utilizzo maggiore è stato quello dell’estrazione di sostanze tanniche.

I tannini sono sostanze di origine vegetale molto diffuse in natura, diverse piante lo contengono e secondo le loro caratteristiche chimiche, diverse sono le utilizzazioni.

Nel castagno il tannino è presente in tutte le sue parti, dalla corteccia, il legno vero e proprio, le foglie, i ricci e la buccia dei frutti.

L’utilizzazione più vasta che questi estratti del legno è la concia delle pelli, nonostante diversi siano i tannini che possono essere utilizzati, il cuoio ottenuto con l’estratto di tannino del castagno è sensaltro il migliore.

Nel 1842 il tannino fu ottenuto in un riscontro sperimentale da parte di un chimico operante nella regione di Lione in Francia, ma i primi brevetti commerciali, quelli del Gondolo sono invece del 1846, notizia data da Pedit nel suo volume < Les emplois chimiques du bois>.

Dalla Francia le notizie arrivano poi nelle vallate Piemontesi, zone queste con gran presenza di selve castanili, con facile e costante rifornimento di materia prima.

Le prime fabbriche italiane sono nate nella Provincia di Cuneo nella zona di Mondovì, precisamente nel 1854 a Corsaglia nel Comune di Pamparato, negli ultimi cinquanta anni del secolo scorso, in Italia sorgono una quindicina di fabbriche di tannino, inizialmente tale prodotto fu destinato per la tintura delle sete nere. Nel periodo intorno al 1860 in Francia e poi anche in Italia Svizzera e Inghilterra diventa di gran moda i vestiti femminili di seta nera, arricchiti di larghe frangie con cordoncini, che attraverso bagni di tinteggiatura e di carica le fibre si rigonfiano e permettono la confezione di grandi gonne semirigide classiche di quel periodo.

Giovanni Pascoli, Illustre Poeta e grande naturalista nel 1909 in una sua lettera pubblicata sul giornale <<Il Villaggio>> intendeva difendere le selve  di castagni sulle quali piombava la scure inesorabile, attaccando la fabbrica di tannino nella valle del Serchio e la tinta nera per le vesti delle grandi dame di allora.

I CASTAGNI DI VAL DI SERCHIO

I colli intorno che prima erano tutti d’un bel verde tenero, si fecero poi rossigni come di ruggine, e ora sembrano ravvolti di una leggera trama e quasi nebbia bigerognola. Che i castagni sono ormai spogli, dopo aver buttato giù i cardi, pochini davvero e con entro, più che altro, guscioni e grecchioni; (1) e quindi le foglie, anche queste poco salde perché trite dallo strino. A codeste traversie, che sono divenute solite d’ogni anno, questo anno s’è aggiunta negli alti monti la grandine che ha colpito i cimi e sbucciati i rami e levato il raccolto. Sicchè i castagni paiono avviliti e tetri mentre guardano giù nella valle dove né bei piani verzica già il grano e al fiume, presso il quale suona continuo il picchiare degli scarpelli che lavorano alla ferrovia. Ragionano tra loro i castagni. E di quando in quando quel che dicono arriva, con le ventate, all’orecchio di qualche vecchio che si scalda al sole e si sfigurisce dei nuovi lavori.

I CASTAGNI DICONO: << anco la grandine ci voleva! Non bastava lo strino e la malattia dell’inchiostro. Così, i nostri padroni perdono la pazienza e ci venderanno tutti quanti siamo.

Eppure lo strino piglia solo qualche striscia e non fa gran male; e la malattia dell’inchiostro… Quella è brutta; ma se gli uomini d’ora tenessero a mente il dittaggio: Se tu mi dai, io ti do!

Un tempo gli uomini non lasciavano che l’acqua ci giacesse al calcio, ma le davano lo sgrondo, in modo che passasse.(2)

Un tempo la malattia dell’inchiostro non c’era.

Allora gli uomini, quando rimondavano la selva, quando spazzavano le fronde, quei cesti e quei card ce li ricalzavano al calcio col marrello. E noi prendevamo forza.

Ma è vero, che ora mancano le braccia. I giovani son tutti per le Meriche.(3) Chi viene quassù, non dico a mondarci e a governarci, ma a cogliere?

E poi la polenta di neccio non dice più a nimo. Soltanto certi vecchietti la mangiano con il mallegato. I ragazzacci mostrano il niffo anco alle mondine e alle ballotte. I necci, quelle cialde odorose, croccanti, saporite, sapete? I necci si, li fanno sempre, per puccèna.

Insomma per noi è ita! Chi può resistere or mai alle tentazioni del serpente?

Perché, colagguù, in quella fonda, dove si vede quel fumo e si sente quel fischio, c’è il serpente seduttore di questo paradiso.

Questi serpente si snoda qua e là per la valle, monta sui colletti, striscia e poi si drizza avanti i nostri padroni, e dice:

<<Codesta selva quanto v’è costata?>> << Tanto>>. <<E io vi do questo tanto degli alberi e vi lascio la terra>>

I nostri padroni ci cascano. Ahimè! Che sbaglio fanno! Quella terra, senza noi, che cosa gli rende più? Ci pagano le imposizioni: ecco quel che gli rende.

Che cosa ci piantano? Che cosa ci sementano? E poi se non trovano braccia per mondar gli alberi, per rimondar la selva, per coglie le castagne, o come le troveranno per vangare e coltare?

Certo i quattrini che prendono fruttano più che la terra.

Certo. Ma se uno, tornato, per esempio, di Merica, uno, mettiamo, di monte, al quale piacesse una selva e un podere, in monte, avesse detto al proprietario: <<volete vendere le vostre terre?>>, il proprietario avrebbe risposto: << Le terre, non le vendo>>.

E invece, si, le vende. Dica pure quel buon serpente della Val di Serchio, che farà a modino, che sterzerà gli alberi e non li butterà giù tutti, che lascierà le polle e le ceppe: (4) vedrete! Non ci resterà, tra una cosa e l’altra, nulla;

E quel po’ di terriccio se ne andrà lavato dalle pioggie e tirato giù dalle smotte; (5) e le sue terre il proprietario le avrà e non le avrà: non le avrà perché non ci sarà più ne erba ne pianta né terra; le avrà perché ne pagherà sempre le gabelle…>>

Così ragionano i castagni; e quei buoni vecchi di colaggiù che li intendono, tornano a casa loro, perché il sole prende il monte e il freddo punge. Il sole razza dietro le Panie e la valle si ombra. E allora i castagni piangono e si lamentano, mentre di qua e di là da ogni colletto e da ogni piano suona l’avemaria.

<<Don don! Dan, dan! Suonate per noi? Fate bene; ma suonate per tutti, suonate per la valle, suonate per i castelli e per i villaggi e le borgate e le città, suonate per voi; chè farete meglio. Le vecchie quercie sono andate. Ora se ne vanno anche i vecchi castagni. Addio, bel paese!

E pazienza, le quercie! Hanno servito per le ferrovie. Ci corre sopra il treno. Ma noi! Serviamo a far la tinta nera per le vesti dè… Zitti!

Ma via ! almeno si guardassero attorno, quelli che ci vedono!

Guardate: le travi e i travicellisu cui passeggiate in casa vostra, ve li abbiamo forniti noi. Da più cento anni durano.Quelle belle finestre, quelle forti serrature, sono roba nostra.Come chiudono bene!

Le porte e gli usci e persino i pavimenti? Di castagno. Le

Madie, le casse, i banchi, le tavole? Di castagno. I barili, i bigonci, le botti? Di castagno.

E al fuoco che legna è quella che brucia e scoppietta? E sotto il lavezzo,(6) che carbone è quello che lo fa bollire bel bello? Di castagno, care le mie genti!

 Andate in  capanna. Con che fate il letto alle bestie? Con le nostre fronde. Con che date cena alle bestie, quando il fieno è finito e la paglia è scarsa? Con i nostri vincigli. (7)

Andate fuori. Che bella vignetta ci avete! Ma i pali per mettere il filo, ma le calocchie per reggere le viti, ma i forconi per far quelle belle baracche, di che sono se non di castagno?

E che bel campetto! Ma codesto sugo che avete ammucchiato qua e là per ispargerlo poi, come l’avreste fatto senza il lettume che v’abbiamo dato noi?

Ingrati! Di che avrebbero vissuto i vostri nonni, se non eravamo noi? E anco voi come sareste cresciuti così forti e belli, se non vi avessimo alimentato noi? Dopo il latte di vostra madre, ringraziate la nostra polenta, dolce come quello!>>

E cresce l’ombra e il vento si fa forte. E i castagni a una voce gridano dolorosamente:

<<E noi vi diciamo, che non siamo poi vostri in tutto e per tutto! Per un certo verso, noi siamo di tutti. Noi manteniamo l’acqua, e l’acqua è di tutti. Noi purifichiamo l’aria, e l’aria è di tutti. Per tutti, noi rompiamo il vento che non vi porti via. Per tutti, noi fermiamo la terra, che non si muova e non vi franga. Noi contro voi ricorreremo alla madre di tutti, alla grande madre non solo d’uomini ma di piante: all’Italia!>>

E la loro voce passa come una raffica per la valle, ululando: <<Italia, difendici… No. Difenditi!>>.

(1) Guscioni e grecchioni: gusci senza la castagna dentro, non granite

(2) che l’acqua ci giacesse al calcio ma le davano lo sgrondo: facevano in modo che l’acqua non stagnasse al piede dell’albero

(3) Meriche: Emigrati in America.

(4) Ceppe: La base del castagno dopo il taglio

(5) Smotte: smottamenti del terreno a causa delle pioggie.

(6) Lavezzo: Recipiente in bronzo che ha tre piedini simile al paiolo.

(7) Vincigli: Rami di castagno con foglie seccati per governare le bestie l’inverno.

STABILIMENTI PER LA PRODUZIONE DI ACIDO TANNICO E PRODOTTI COLLEGATI DAL 1853 AL 1983

#Denominazione - Comune Loc.Provinciainizio attivitàFine attività
1 Corsaglia - Frabosa SopranaCuneo18541958
2 PamparatoCuneo18561960
3 SusaTorino18681901
4 Corsagliola - Montaldo MondovìCuneo18701915
5 Corsaglia F.RoberentCuneo1880-------
6 Corsaglia F./ Frabosa S.Cuneo18801907
7 Castorello Monasterolo C.Cuneo18841927
8 SampierdarenaGenova18891948
9 Fortino Torino18901928
10 Luserna S. GiovanniTorino18921957
11 GaressioCuneo18941964
12 MolinazzoVarese18961901
13 DarfoBrescia18991960
14 OnegliaImperia19001925
15 Villafranca in L. Massa C. 19021974
16 Fornoli B. di LuccaLucca1903attiva
17 Cosenza C. Cosenza19041970
18 MillesimoSavona19051938
19 Mondovì BorgatoCuneo19061970
20 Cosenza ICosenza19061970
21 ScagnelloCuneo19081954
22 CatanzaroCatanzaro19081966
23 Stella S. GiustinaSavona19171933
24 FilattieraMassa C.19201961
25 BargeCuneo19231960
26 MoncalieriTorino19231963
27 BibbienaArezzo19231959
28 Porretta T. Bologna19241960
29 BorgotaroParma19241968
30 Carasco IGenova19241932
31 Sestri LevanteGenova19241961
32 CasteldelpianoGrosseto19241962
33 CividaleUdine19241954
34 FerraniaSavona19251953
35 AlbengaSavona19251938
36 Cerasco IIGenova19291955
37 Genova GavetteGenova19301954
38 RobiklanteCuneo19301959
39 Borgo S. LorenzoFirenze19361964
40 Bra IICuneo19381966
41 SelvanizzaParma19381957
42 AronaNovara19381960
43 AtripaldaAvellino19391961
44 Ronco ScriviaGenova19451960
45 Cosenza IICosenza19461966
46 CapuaCaserta19461954
47 Castelnuovo Garf. Lucca19481967
48 Bra IIICuneo19481965
49 Ronco ScriviaGenova19501958
50 PesciaPistoia19521958
51 Carrara AvenzaMassa C.19551962
52 MarradiFirenze19571960
53 San Michele MondovìCuneo1963-------
54 Rende Cosenza1970-------

Dal Libro “Del castagno in Garfagnana storia cultura poesia” di Ivo Poli

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