Sintesi e prospettive delle storie, strutture ed economie legate al castagno fra secondo e terzo millennio

di Mario Adua

Istituto nazionale di statistica

Riassunto

La storia del castagno precede e accompagna quella dell’uomo. Nella buona e nella cattiva sorte il matrimonio “montanaro-castagno” ha retto per secoli; da alcuni decenni appare però a rischio, così come le strutture e le economie legate all’albero del pane. Ma il castagno presenta risorse nascoste. Con l’aiuto dell’uomo si prepara un nuovo possibile risorgimento. Nulla è però scontato e ciascuno deve fare la sua parte. Ne va della qualità della vita, della salvaguardia ambientale e della rivalutazione di un capitolo del libro della storia dell’uomo, di quello scritto con il sudore dei montanari e non con l’inchiostro dei grandi. L’esame comparato delle storie, strutture ed economie legate al castagno inducono ad un cauto ottimismo, anche se le ricerche per confermarlo vanno ampliate e approfondite.

Parole chiave:  superficie, produzione, qualità, valore aggiunto, filiera

Introduzione

Il castagno rappresenta il “gigante buono” che da sempre accompagna l’uomo del Mediterraneo europeo e asiatico e dell’Europa centro-meridionale nell’avventura della vita e della storia.

Il “gigante buono” è radicato fortemente già nella preistoria; il suo corpo vigoroso e longevo percorre tutte le ere storiche, i suoi rami protesi al cielo rappresentano ancora la sua voglia di futuro e di amicizia con l’uomo, nonché il suo contributo al miglioramento dell’ambiente e del paesaggio agrario e forestale.

Storia

Nel corso dei secoli la presenza dell’albero del pane e della vita caratterizza due importanti e diverse situazioni storiche che si sono prodotte, alternate e ripetute in varie parti d’Europa:

  • l’”internazionale della povertà e del castagno” rappresenta il contributo fondamentale del gigante buono per la sopravvivenza di milioni di poveri uomini, di generazioni e generazioni di montanari che trovano nelle castagne la base principale della loro sussistenza
  • la “civiltà del castagno” costituisce l’epopea dell’albero della vita, quando sotto la sua grande chioma si sviluppa un insieme di usi, costumi, tradizioni, leggi, statuti comunali e disposizioni agroforestali che migliorano la qualità della vita delle popolazioni montane dell’Italia alpina e appenninica, dal Piemonte al Veneto, dalla Lombardia alla Campania, compresi areali più limitati in altre regioni.

Il Novecento

Nel corso del ‘900 il castagno attraversa tre fasi ben distinte:

  • “l’autunno del patriarca” nella prima metà del XX secolo, caratterizzato, dopo il record dal 1911 con 830 mila tonnellate raccolte su 650 mila ettari, da una generale diminuzione della coltivazione che, però, mantiene un ruolo sostanzialmente stabile nel complesso agroforestale della montagna italiana
  • “il lungo inverno” dal 1951 al 1980, identificato come il tempo della grande decadenza e e del regresso vero e proprio della specie legata al progressivo abbandono della montagna
  • “il risveglio del gigante buono” dal 1981 al 2000 in cui si delineano i primi segni di riscoperta del castagno, seguiti da una limitata, ma promettente ripresa produttiva e dalla valorizzazione complessiva della plurifunzionalità della Castanea Sativa nel paesaggio agrario.

Il XXI secolo

L’inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (IFNC) curato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF) è aggiornato al 2005 e fornisce la “carta d’identità più dettagliata sulla diffusione del castagno nel paesaggio agrario italiano (Tav. 1).

Tavola 1 – Carta d’identità del castagno – Anno 2005

 Superficie788.408 ettari pari al 9,0% dei boschi e al 7,5% della superficie forestale totale
Purezza89,6% puro, 10,4% misto
Allevamento75,2% ceduo, 17,7% fustaia e  7,1% non classificata
Composizione76,9% da legno, 8,4% da frutto 10,3% selve castanili e 4,4% non classificata
Proprietà91,1% privata, 8,9% pubblica
Pianificazione forestale98,1% presente, 1,9% assente
Rispetto di prescrizioni97,2% si, 2,8% no
Vincolo idrogeologico94,1% si, 5,9% no
Vincolo naturalistico19,0% si, 81,0% no
Disponibilità di prelievo legnoso94,1% disponibile, 5,3% non disponibile e 0,6% non classificato
Grado di copertura totale della superficie forestale2,6% < 50%, 15,9% 51 – 80% 76,0% > 80% e 5,5% non classificato
Origine dei soprassuoli1,6% naturale, 90,8% seminaturale, 2,8 % artificiale e 4,5% non classificata
Presenza di danni52,2% parassiti, 0,0% inquinamento, 1,5% selvaggina e pascoli, 3,3% eventi climatici, 7,3% incendi, 29,2% assenza di danni e 4,7% non classificata
Classi di altitudine27,9% fra 0 -:-500 mt./sl., 66,6%  501 -:-1000 mt./sl.   5,5%   1001 -:- 1500 mt./sl.
Classi di pendenza del terreno12,0% < 20%, 28,9% 21-40%, 32,1% 41-60%, 15,5% 61-80% e 5,5% > 80%
Classi di giacitura 1,5% pianeggiante, 19,9% alto versante, 63,1% medio versante, 10,5% basso versante e 5,0% non classificata
Superficie accidentata71,4% non accidentata, 18,8% accidentata, 5,2% molto accidentata e 4,5% non classificata
Fenomeni di dissesto82,6% assenti, 12,9% presenti (frane, erosione idrica, ecc.) e 4,5% non classificata

      Fonte: Elaborazione su Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio

E’ interessante sottolineare che il castagno risulta:

  • molto diffuso, generalmente in formazioni pure, prevalentemente da legno e con un grado di copertura della superficie forestale molto elevato;
  • per oltre il 90% di origine semi-naturale, di proprietà privata, sottoposto a pianificazione forestale e con disponibilità di prelievo legnoso;
  • situato per oltre il 70% sopra i 500 metri di quota;
  • rientra per giacitura prevalentemente nelle classi medio e alto versate;
  • la superficie accidentata è pari a circa un quarto di quella totale.

E’ evidente come il castagno si confermi quale essenza forestale prevalentemente montana, pura, antropica, principalmente come ceduo da legno ma anche come fustaia da frutto e selva castanile.

I dati rilevati e pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) consentono di seguire l’evoluzione della castanicoltura sia da frutto sia da legno relativa al periodo 2000-2008.

Il Censimento agricolo del 2000 fotografa la castanicoltura del frutto, attiva e produttiva, in Italia (Tav. 2).

Tavola 2 – Aziende con castagneti da frutto e relativa superficie investita 
         – Anni 1970, 1982, 1990 e 2000 (Censimento) – Anni 2003, 2005 e 2007 (SPA) – superficie in ettari
Ripartizioni1970198219902000200320052007
 AZIENDE
ITALIA136.068119.55497.69666.21333.20736.29634.160
Nord52.03044.39330.65815.8647.4828.3987.945
Centro29.95027.53522.78817.0548.3127.9207.723
Mezzogiorno54.08847.62644.25033.29517.41319.97818.492
 SUPERFICIE
ITALIA144.857,32140.133,20107.607,9475.984,6968.767,3059.766,7454.908,18
Nord45.167,4440.538,9728.527,4916.979,7410.171,679.533,8410.359,52
Centro40.725,9545.222,5430.455,2824.627,7422.539,6720.386,8816.710,84
Mezzogiorno58.963,9354.371,6948.625,1734.377,2136.055,9629.846,0227.837,82
Fonte: Istat – Elaborazione su Censimenti dell’agricoltura e Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA).

Vengono infatti rilevate 66,2 mila aziende con 76,0 mila ettari investiti a castagno da frutto. Nei primi anni del XXI secolo, esattamente fra il 2000 e il 2003, si registra un fenomeno di ristrutturazione dei castagneti coltivati: le aziende si dimezzano riducendosi a  33,2 mila unità mentre la superficie scende a 68,8 mila ettari (Tav. 2).

Nonostante la forte contrazione della consistenza aziendale si compatta uno zoccolo duro di castanicoltori che nel 2005 risale a 36,3 e nel 2007 si posiziona a 34,2 mila unità; nel contempo la superficie castanicola  cala a 59,8 e poi a 54,9 mila ettari (Tav. 2).

Va però sottolineato che la superficie rilevata nel 2007 comprende ben 5,5 mila ettari, pari al 10,1% della superficie investita ancora non in produzione (si tratta di castagneti costituiti da piante ancora molto giovani) (Tav. 3).

I dati ISTAT relativi al 2007 evidenziano che la superficie coltivata a castagneti è concentrata principalmente nelle regioni centro-meridionali; particolarmente in Campania (13,3 mila ettari), Calabria (10,7 mila ettari), Toscana (7,8 mila ettari) e Lazio (5,2 mila ettari); nel Nord la regione più interessata è il Piemonte (5,4 mila ettari), seguita a distanza dall’Emilia-Romagna (2,2 mila ettari) (Tav. 3).

Tavola 3 – Ripartizione della superficie a castagneti da frutto – Anno 2007 (superficie in ettari)
 Superficie investita a castagno da frutto
REGIONIIn produzione Non in produzione Totale
 Assoluta% Assoluta% Assoluta%
Piemonte5.350,6990,7 548,739,3 5.899,42100,0
Valle d’Aosta221,2994,4 13,085,6 234,37100,0
Lombardia1.084,6689,4 128,8510,6 1.213,51100,0
Trentino Alto Adige70,05100,0  70,05100,0
Bolzano-Bozen43,06100,0  43,06100,0
Trento26,99100,0  26,99100,0
Veneto67,3230,6 152,4569,4 219,77100,0
Friuli Venezia G.4,49100,0  4,49100,0
Liguria223,1546,9 252,5553,1 475,70100,0
Emilia-Romagna2.223,1899,2 19,030,8 2.242,21100,0
Toscana7.823,8587,4 1.128,2612,6 8.952,11100,0
Umbria369,5798,9 4,051,1 373,62100,0
Marche943,7358,2 678,0241,8 1.621,75100,0
Lazio5.228,3490,7 535,029,3 5.763,36100,0
Abruzzo21,18100,0  21,18100,0
Molise  
Campania13.286,7597,3 371,432,7 13.658,18100,0
Puglia10,4897,4 0,282,6 10,76100,0
Basilicata180,1922,1 634,8177,9 815,00100,0
Calabria10.727,7193,1 789,536,9 11.517,24100,0
Sicilia368,36100,0  368,36100,0
Sardegna1.156,8579,9 290,2520,1 1.447,10100,0
ITALIA49.361,8489,9 5.546,3410,1 54.908,18100,0
Nord9.244,8389,2 1.114,6910,8 10.359,52100,0
Centro14.365,4986,0 2.345,3514,0 16.710,84100,0
Mezzogiorno25.751,5292,5 2.086,307,5 27.837,82100,0
Fonte: Istat – Indagine sulla struttura delle aziende agricole (SPA).

La produzione raccolta, pari a 63,2 mila tonnellate nel 2000, tocca l’apice nel 2004 con 66,2 mila tonnellate e il minimo nel 2007 con sole 44,7 mila tonnellate. Viceversa il prezzo medio alla produzione sale da 0,92 €/kg. del 2000 al massimo di 1,48 €/kg. nel 2005 e cala leggermente a 1,38 €/kg. nel 2007 (Tavv. 4 e 5).

Tavola 4 – Produzione e valore delle castagne – Anni 1996 – 2007 
                  (quantità in tonnellate, valore in migliaia di euro)
 ANNIProduzioneValoreEuro / Kg.
 raccolta
 Media 1996 -:- 200060.65267.0401,11
 200744.71861.8771,38
 Media 2001 -:- 200754.50661.1591,12
 Fonte: Elaborazione su statistiche forestali, Istat 

L’esportazione di castagne, pur risentendo dell’andamento produttivo, costituisce un punto di forza del settore e convoglia mediamente il 35-40% del prodotto che consegue prezzi crescenti pari a circa il doppio di quelli alla produzione. Nel 2008 si esportano 18,3 mila tonnellate con un valore di 51,4 milioni di euro e un prezzo unitario medio di 2,80 €/kg. (Tav. 6).

L’importazione, a parte il picco del 2003 con 12,5 mila tonnellate e un valore di 16,7 milioni di euro, si mantiene limitata e rappresenta circa 1/3 del quantitativo esportato mentre il prezzo unitario all’import è circa la metà di quello all’export.

L’export italiano si dirige principalmente verso tre direttrici:

  • Europa (Svizzera, Francia, Austria, Germania, Regno Unito e Ungheria)
  • America (Canada e Stati Uniti)
  • Asia (Giappone e Taiwan).
Tavola 5 – Castagne raccolte nei boschi per regione – Anno 2007
              (quantità in tonnellate, valore in migliaia di euro)
 CASTAGNE
REGIONIQuantitàValore
 TotaleEuro / Kg.
Piemonte1.440,38701,7
Valle d’Aosta46,0620,7
Lombardia2.640,14.7250,6
Bolzano-Bozen80,12800,3
Trento88,52450,4
Trentino Alto Adige168,65250,3
Veneto90,02070,4
Friuli Venezia Giulia16,8161,1
Liguria56,1720,8
Emilia-Romagna430,69850,4
Toscana3.535,16.3660,6
Umbria398,11.2950,3
Marche12,7490,3
Lazio5.389,713.3900,4
Abruzzo146,34390,3
Molise
Campania22.469,127.5250,8
Puglia
Basilicata1.292,77011,8
Calabria6.119,54.0241,5
Sicilia23,0560,4
Sardegna443,05700,8
ITALIA44.717,761.8770,7
Nord4.888,57.4620,7
Centro9.335,621.1000,4
Mezzogiorno30.493,633.3150,9
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT – Statistiche forestali 
Tavola 6 – Commercio estero di castagne – Anni 1999 -:- 2008                   (quantità in tonnellate, valore in migliaia di euro)
 ESPORTAZIONE IMPORTAZIONE SALDO COMMERCIALE
ANNIQuantitàValore€ / T. QuantitàValore€ / T. QuantitàValore€ / T.
200718.061,750.601,02,80 6.038,010.145,41,68 12.023,740.455,61,12
200818.341,051.407,72,80 6.122,29.657,21,58 12.218,841.750,51,23
     Media 1999/200821.380,747.605,70,56 6.249,78.640,80,33 15.131,038.964,90,23

Fonte: Elaborazione su Commercio Estero, Istat

Analizzando i dati ISTAT relativi al Commercio estero del 2008 si registra che la Francia assorbe la maggior quantità di prodotto italiano (5,5 mila tonnellate), mentre il  valore complessivo maggiore è a carico della Svizzera (10,7 milioni di euro); i prezzi unitari più elevati si riscontrano per Taiwan e Giappone e sono pari, rispettivamente, a 4,27 e 5,79 €/kg. (Tav. 7)

Accanto all’utilizzo dei frutti, va menzionato anche l’utilizzazione della massa legnosa in complesso che conta, nel periodo 2001-2007, su una media di 919,2 mila metri cubi e un valore di 56,1 milioni di euro annui, 831,8 mila nel 2007, con un valore annuo medio di 57,1 milioni di euro (Tav. 8).

Sommando il valore dell’utilizzazione legnosa, quello delle castagne destinate alla trasformazione e al consumo interno e quello dei frutti esportati, ai prezzi di base alla produzione e all’esportazione, si arriva a un valore complessivo della filiera castanicola pari mediamente a 143,1 milioni di euro annui (Tav. 9).

Tavola 7 – Commercio estero di Castagne e Marroni – Anno 2008
                   (quantità in tonnellate, valore in migliaia di euro)
PAESIQuantitàValorePrezzo medio  (€ /Kg.)
 ESPORTAZIONE
TAIWAN240,01.024,54,27
GIAPPONE513,32.973,35,79
REGNO UNITO678,71.949,42,87
CANADA’842,92.954,63,51
UNGHERIA858,9768,20,89
STATI UNITI1.666,45.077,53,05
GERMANIA1.990,65.397,32,71
AUSTRIA2.041,06.634,43,25
SVIZZERA2.622,210.686,14,08
FRANCIA5.501,39.579,81,74
MONDO18.341,051.407,72,80
 IMPORTAZIONE
PORTOGALLO643,81.183,51,84
ALBANIA825,2638,20,77
TURCHIA1.505,92.982,81,98
SPAGNA1.541,02.764,41,79
MONDO6.122,29.657,21,58
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT – Commercio estero 
Tavola 8 – Utilizzazione legnosa in complesso – Anni 1996-:-2007
          (quantità in migliaia di metri cubi e valore in migliaia di euro)
ANNIQuantitàValorePrezzo medio (€ / Kg.)
Media 1996 -:- 2000994,946.06946,3
2007831,8    54.392      65,4
Media 2001 -:- 2007118,857.11662,1
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT – Statistiche forestali  
Tavola 9 – Valore della Castanicoltura – Anni  2001 -:- 2007 
               (prezzi di base alla produzione e all’esportazione in migliaia di euro) 
  Castagne  
AnniUtilizzazioneTrasformazione e  Valore in 
 legnosaconsumo internoEsportazioneValore totalecomplesso 
2007    54.39236.78550.60187.386141.778 
Media 2001 -:- 200757.11637.44048.50485.944143.060 
Fonte: Elaborazione su dati ISTAT – Statistiche forestali

Le recenti disposizioni comunitarie e nazionali consentono di rilevare anche la presenza delle castagne fra i prodotti agroalimentari di qualità. Nel comparto dei prodotti agroalimentari tradizionali troviamo (con l’indicazione di castagne e marroni in chiaro nella denominazione del prodotto) ben 101 prodotti costituiti da castagne, di cui 70 da frutti e 31 fra frutti elaborati, preparazioni gastronomiche, liquori e miele.

Nel campo delle denominazioni di origine protetta (DOP) e Indicazione geografica protetta (IGP) ci sono 10 prodotti riconosciuti (4 DOP e 6 IGP) comprendenti 8 varietà frutticole, 1 miele e 1 farina. Ci sono inoltre 5 prodotti in postazione transitoria nazionale e 2 in corso di riconoscimento.

Complessivamente si riscontrano 17 prodotti, fra DOP e IGP, che sommati ai 101 prodotti tradizionali raggruppano ben 118 prodotti di qualità a base di castagne.

Tavola 10 – Prodotti agroalimentari di qualità a base di castagne – Dati al 30 settembre 2009

PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI
FruttiProdottiLiquoriMieleTotale
MarroniCastagneTrasfor-mati Totaleelaboratidella gastronomia
212920 7021334101
DOP E IGP  
DOP IGP Totale generale
Ricono-sciutiProtezione transitoriaTotale Ricono-sciutiProtezione transitoriaIn corso di riconoscimentoTotale
415 64212 118

Fonte: Elaborazione su dati MiPAAF e UE

Considerazioni conclusive

Fra speranze e timori il castagno prosegue la sua lunga marcia a fianco dell’uomo.

Sicuramente non si fermerà la plurimillenaria presenza del castagno nel paesaggio agroforestale. Il castagno è troppo legato all’uomo, la sua prevalente origine antropica non permette di scioglierne l’unione, altrimenti si rischia la degenerazione.

I dati statistici evidenziano molti aspetti e consentono alcune considerazioni.

La carta d’identità rilevata dall’IFNC evidenzia i connotati generali della presenza dei castagni che rappresentano ben il 9% dei boschi e contribuisce notevolmente alla difesa idrogeologica del territorio e al mantenimento del paesaggio agroforestale, anche se la sua superficie è solo per il 29,2% esente da danni mentre il 52,2% è attaccata da parassiti. Le classi di altitudine, di pendenza e di giacitura indicano il valore in se del castagno: non a caso ben l’82,6% della superficie è assente da fenomeni di dissesto.

La fotografia scattata dall’IFNC evidenzia tutte le problematiche e le potenzialità del castagno; è chiaro che non si tratta di un albero qualunque ma uno delle principali essenze forestali diffusa in tutte le Regioni italiane in cui svolge un rilevante ruolo nell’equilibrio del paesaggio.

Le cure colturali dedicate ai castagneti da frutto sono in riduzione, così come la gestione forestale dei boschi cedui e delle selve castanili. Ciò nonostante dal 2003 si registra la compattezza di un minoritario “zoccolo duro” di aziende castanicole di cui ripartire, considerando che il 10% della loro superficie investita  a castagno è ancora non in produzione, ovvero è giovane e promettente.

La produzione frutticola, pur dipendendo da molteplici fattori stagionali e dalla virulenza degli attacchi parassitari, risulta, come dato medio nel periodo 2000-2007, pari a 55,6 mila tonnellate di cui il 35-40% esportato a prezzi sostenuti, mentre l’importazione permane mediamente limitata e a prezzi contenuti. Si conferma così il valore e la diffusione nel mondo delle castagne italiane che nulla hanno di tenere nel confronto con le altre produzioni castanicole sia mediterranee (spagnola, portoghese, francese e turca) sia asiatiche (cinese, coreana e giapponese) per qualità organolettiche, sapidità e gusto.

Indubbiamente il castagno è presente come realtà frutticola e forestale e fornisce ancora discrete quantità di frutto e di legname. La filiera forma un valore medio annuo alla produzione di 143,1 milioni di euro e contribuisce positivamente al commercio estero italiano.

La rivalutazione delle produzioni agroalimentari di qualità mette le castagne, tal quali o trasformate, fra le principali produzioni vegetali utilizzate; infatti esse costituiscono ben 118 prodotti di qualità, fra cui 17 DOP e IGP (10 riconosciuti e 7 in corso di riconoscimento). Si tratta di un tesoro gastronomico formidabile che può agire da volano per la riqualificazione della produzione frutticola.

L’esbosco della massa legnosa è pari, nel periodo 2000-2007, a una quantità media annua di 919,2 mila metri cubi.

La massa legnosa utilizzata costituisce una quantità rilevante che potrebbe aumentare notevolmente sia come metri cubi esboscati che come valore alla produzione considerando che il 94% delle formazioni castanili sono disponibili al prelievo legnoso.

La grande potenzialità produttiva di biomasse del castagno da legno, specie del ceduo, ne rivaluta il valore nella produzione legnosa. Anche le produzioni di amido e di tannino naturale stanno riprendendo quota mentre i sottoprodotti dei castagneti e dei derivati della trasformazione dei frutti e del legname sono in aumento.

Il panorama è ancora pieno di chiari e scuri; dipende dal grado di ottimismo o di pessimismo far pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Ma il grande valore del castagno è legato alle sue radici e alla comune storia. E’ solo rivalutando la funzione del castagno nelle diverse ere storiche, il suo contributo alla qualità della vita dell’uomo e il suo apporto fondamentale nella dieta e nella cultura gastronomica che risiede la chiave per un rinnovato sviluppo della filiera che deve partire dal recupero del patrimonio esistente e puntare alla riqualificazione complessiva della filiera castanicola.

E’ questo il “valore aggiunto” (storia, cultura, tradizioni, usi, costumi, gastronomia, arte, letteratura, turismo, ecc.) che rappresenta la peculiarità del castagno.

Ma non c’è tempo da perdere.

Il nostro compito è di preservare questo patrimonio e di valorizzarlo non solo ma anche in termini economici, a partire da un più razionale utilizzo delle superficie di proprietà pubblica e delle selve castanili.

E’ necessario che l’Unione Europea (UE), lo Stato, le Regioni, le Province e le Comunità montane investano impegno e denaro in questa impresa che va seguita e controllata e non lasciata a se stessa.

Dal recupero e ripresa del castagno può partire:

  • un nuovo risorgimento economico e sociale per le popolazioni collinari e montane;
  • un contributo fondamentale per la difesa idrogeologica del territorio e la salvaguardia ambientale;
  • un benefico effetto sulla qualità della vita
  • la rivalutazione di un patrimonio storico e culturale unico con enormi potenzialità di sviluppo e valorizzazione delle capacità di attrazione culturale e turistica dei territori a vocazione castanile.

Il compito della statistica ufficiale è quello di seguire con attenzione e correttezza tale evoluzione.

In conclusione si propone la costituzione presso il MiPAAF di un “Osservatorio nazionale sul castagno” quale punto di ferimento privilegiato per monitorare la situazione e promuovere la ripresa e la riqualificazione complessiva della presenza e del ruolo del castagno nel paesaggio agrario italiano.

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